Lo scorso 20 novembre si è celebrata la Giornata Mondiale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Prendendo ispirazione proprio dalla Convenzione dei Diritti sull’Infanzia, desidero soffermarmi sull’articolo 12, che difende il diritto del bambino di “esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa”.
Diritto di libera espressione che viene coltivato e messo in pratica fin dalla primissima infanzia all’interno della famiglia in cui il bambino nasce.
Una parte fondamentale del percorso con i bambini e gli adolescenti che seguo, è proprio l’esplorazione della famiglia d’origine; le narrazioni che il bambino fa di sé stesso e degli altri membri, gli episodi salienti che vengono raccontati all’interno della famiglia, la rappresentazione che il bambino costruisce di sé stesso e della propria identità rispecchiandosi nell’ambiente e nelle relazioni che lo circondano. I bambini e gli adolescenti che arrivano da me hanno un’idea di sé stessi e sulla base di questa idea si auto-definiscono; la parte di lavoro principale che faccio nei colloqui iniziali di ciascun percorso è proprio aiutare il bambino ad auto-definirsi, grazie al mio rispecchiamento, arricchendo le definizioni che ha di sé stesso. Moltissimi giochi che propongo nei colloqui conoscitivi sono proprio volti all’esplorazione di nuovi modi di autodefinirsi, esprimendo liberamente la propria opinione, senza alcun giudizio da parte mia e invitando il bambino stesso a non giudicarsi per ciò che è.
In ogni famiglia è presente una ‘legge non scritta’ e molto spesso anche non esplicitata, secondo cui ci sono alcune caratteristiche che vengono considerate più importanti di altre, oppure giudicate migliori di altre. Per spiegare meglio come si sente un bambino, all’interno di questo tipo di ambiente, utilizzerò proprio una frase raccolta durante un colloquio con un adolescente: “Ecco, io sono come questo pezzo di argilla. Potrei assumere la forma che voglio, no? E invece loro [i genitori] mi danno delle formine in cui io devo rientrare. Lo faccio, lo posso fare, ma non mi sento libero di prendere la forma che desidero”. Questo ‘mutare di forme’ per rispondere a quelle leggi non scritte che governano le famiglie, provoca nel bambino e nell’adolescente malessere e disagio, poiché si sente sbagliato se risponde alla sua reale natura, si sente sbagliato ad essere ciò che è. Per dare esempi più concreti, queste ‘leggi non scritte’ vanno dalla scelta delle attività per il tempo libero e dei giocattoli (la stereotipata suddivisione maschio/femmina, calcio/danza, macchinine/bambole, e così via), fino ad etichette molto più ingombranti del tipo ‘i maschi non piangono’, e così via. Il bambino per natura è un tutt’uno mente, corpo ed emozioni, perciò queste svalutazioni nei confronti delle sue preferenze e delle sue manifestazioni emotive equivalgono per lui ad una svalutazione totale, come persona nella sua integrità ed identità.
Perché collego questo pensiero proprio all’art.12 della Convenzione? Perché la libertà di esprimere sé stessi è uno dei fondamenti per un sano sviluppo psicofisico e dell’identità. Il bambino libero di esprimersi e di stare, con l’adulto, in un dialogo aperto e non giudicante può permettersi di attraversare ogni sua fase di sviluppo da tutti i punti di vista: emotivo, corporeo e cognitivo. Può permettersi di prendere la forma che desidera, di occupare lo spazio di cui ha bisogno, di seguire con spontaneità il proprio interesse nelle attività, senza dover rientrare in alcuna forma prestabilita, ritornando all’esempio riportato dall’adolescente. Molti bambini sembrano dover a tutti i costi ‘accettare quel che c’è’ all’interno di famiglie con dinamiche relazionali disfunzionali, anziché formare liberamente la propria opinione ed esprimerla. Questo ‘accettare quel che c’è’ pianta un seme di rassegnazione che negli anni germoglierà e porterà frutti nel mondo interno del bambino. E probabilmente, gli adulti che piantano questo seme lo conoscono assai bene, avendone raccolto a loro volta proprio dentro di sé i suoi frutti. E’ compito di ogni genitore difendere la libertà di espressione del proprio figlio, e questo parte dalla famiglia, dalla casa, da quell’ambiente in cui il bambino nasce e trascorre i primi anni di vita, imparando ad orientarsi nel mondo proprio da questi primi punti di riferimento. E’ bellissimo per me poter lavorare sulle rappresentazioni della famiglia fatte dal bambino, ritengo che il mio sia un punto di vista privilegiato, e osservo bambini ed adolescenti mentre rappresentano teatralmente, con il disegno o con l’argilla i componenti delle loro famiglie, la vitalità nei loro sguardi quando hanno l’opportunità di stabilire un dialogo dove sono presenti nella loro interezza.
Essere genitori è un’esperienza sempre nuova e dove il nostro sentire personale ed umano più di qualsiasi altra cosa ci fa da ‘bussola interna’. Per molti motivi, interni o esterni all’ambiente familiare, questa bussola talvolta può perdere il controllo e i genitori possono sentirsi bisognosi di un aiuto nel ritrovare sé stessi; rivolgersi ad un terapeuta di fiducia è sempre il primo passo per prendersi cura di sé stessi e della propria famiglia; rivolgersi ad un terapeuta di fiducia che si occupi di infanzia ed adolescenza è un passo in più per la cura ed il benessere dei bambini.
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Psicologa